L’evoluzione verso la supply chain sostenibile

Redazione BacktoWork 05/10/2021

L’epoca in cui bastava porsi modesti obiettivi di sostenibilità è definitivamente alle nostre spalle. Oggi, nell’incerto scenario post-pandemia, per le aziende di qualsiasi settore o Paese è urgente poter realizzare e gestire le supply chain in modo tale da bilanciare le esigenze di sostenibilità con quelle di efficienza, il tutto a fronte di una crescente complessità dei processi aziendali, delle reti di fornitori e delle aspettative dei clienti. “È un equilibrio delicato, ma possibile” secondo SAP che, in uno studio realizzato con Oxford Economics, ha intervistato 1.000 Supply Chain Manager di tutto il mondo per tracciare la strada da percorrere. 

La sostenibilità sta diventando la norma

Le aziende stanno iniziando a dare priorità alla sostenibilità, anche - ma non solo - per soddisfare le richieste dei clienti. In risposta alla domanda su cosa influenzi maggiormente gli sforzi per ridurre l’impatto ambientale e sociale della propria organizzazione, i primi due elementi richiamati dagli intervistati sono l’innovazione di prodotti e servizi (43%) e la soddisfazione dei clienti (40%), seguiti dal rispetto delle norme e dal vantaggio competitivo. In definitiva, le iniziative a favore della sostenibilità stanno chiaramente diventando un’esigenza competitiva per ogni tipo di organizzazione e i risultati evidenziano come la nuova sensibilità degli executive verso questi temi è sostenuta da considerazioni e vantaggi che vanno oltre gli immediati ritorni finanziari

In questo quadro, la maggior parte dei manager intervistati considera la supply chain sostenibile un elemento distintivo rispetto ai concorrenti e afferma che buone pratiche di sostenibilità possono ridurre i rischi e accrescere la resilienza.

Tuttavia, le motivazioni e le strategie variano da un mercato all’altro. I manager del settore hi-tech, ad esempio, tendono ad avere prospettive più mature. Più di tre quarti concordano sul fatto che le buone pratiche di sostenibilità riducono i rischi complessivi, contro il 61% del campione. Tra loro, più che in qualsiasi altro settore, è maggiore inoltre la probabilità di portare avanti un piano di riduzione delle emissioni di carbonio (71%). Invece, le aziende di beni di consumo, dati i pesanti oneri di produzione, sono d’accordo con questa affermazione solo per il 53%.

Una visibilità ridotta porta a progressi lenti

SAP sottolinea il rischio che le aziende si fermino a fissare obiettivi di sostenibilità relativi alla catena di approvvigionamento, senza fare passi concreti per raggiungerli. Più di due terzi degli intervistati infatti ha creato una dichiarazione di intenti chiara sulla sostenibilità (e un ulteriore 21% la sta redigendo), ma la percentuale di chi afferma di compiere progressi rispetto ai propri obiettivi è molto bassa. Solo il 52%, ad esempio, ha ridotto le miglia di spedizione complessive. Eppure, le imprese che mantengono concretamente le promesse cominciano a vedere un ritorno sui loro investimenti. 

Di nuovo, alcuni settori si distinguono in aree particolari: ad esempio le aziende high-tech hanno fatto registrare più progressi (72%) delle aziende delle telecomunicazioni (53%) nell’assicurarsi fornitori con materiali sostenibili. D’altro canto, le aziende di prodotti di consumo hanno fatto buoni progressi nel ridurre le miglia di spedizione complessive (58%) rispetto alle aziende high-tech (48%). Meglio sul fronte del consumo energetico, ridotto nel 63% dei casi con un impatto positivo sulla sostenibilità.

I manager stanno trascurando un ulteriore aspetto chiave: i principali responsabili della loro impronta ambientale sono i loro fornitori. Solo il 56% degli intervistati ammette di riconoscere e gestire la propria rete aziendale di fornitori come un’estensione della propria organizzazione: due terzi delle aziende del settore dei beni di consumo o dell’energia concorda con questa affermazione, rispetto a solo un terzo delle imprese di viaggi e di trasporto. 

Anche in questo caso si osserva un disallineamento tra pianificazione ed esecuzione. Oltre due terzi del campione (69%) si dichiara disponibile a ridurre il volume di lavoro affidato ad un fornitore le cui pratiche non sono sostenibili, ma pochissimi hanno una visibilità completa sui propri fornitori per procedere in questa direzione: solo il 21% degli intervistati ha una conoscenza completa sull’approvvigionamento di prodotti sostenibili da parte dei propri fornitori.

Parlando di visibilità sulla supply chain, le eccellenze per settore scarseggiano. Le aziende energetiche hanno maggiori probabilità di avere visibilità sulle emissioni di carbonio dei propri processi (63%), probabilmente in seguito al peso crescente degli oneri normativi, ma tale visibilità scende al 15% quando parliamo delle emissioni di carbonio dei loro fornitori.

L’evoluzione nei processi di pianificazione e progettazione

Piccoli cambiamenti possono avere un impatto notevole sulla sostenibilità della supply chain. Così, Mondelēz International, produttore alimentare noto in tutto il mondo, ha risparmiato ben 5,4 tonnellate di plastica in fase di produzione e reso più facile il riciclo per i consumatori semplicemente eliminando le finestrelle di plastica dalle confezioni dei suoi popolarissimi Cadbury Crème Eggs e di altri prodotti venduti durante il periodo pasquale. E molti executive che hanno partecipato all’indagine stanno cercando di modificare in modo simile i processi della catena di valore. 

Quasi un terzo del campione afferma di aver compiuto i maggiori passi avanti nel rendere più sostenibili i processi di pianificazione e progettazione della supply chain negli ultimi tre anni, cambiando ad esempio la progettazione dei prodotti per utilizzare una maggior quantità di materiale riciclato e meno plastica, oppure eseguendo la valutazione del ciclo di vita di tutti i materiali. Guardando al futuro, si prevedono importanti aggiustamenti del processo di produzione, come il minor impiego di materiali, la maggiore automazione o semplicemente l’acquisizione di più informazioni sui fornitori.

Fare leva su soluzioni innovative e tecnologia

Dallo studio emerge come le tecnologie innovative e i dati possano fornire risultati a lungo termine. Il Cloud permette alle organizzazioni di aggregare dati da diverse fonti (tra cui i processi abilitati attraverso i dispositivi mobili e IoT) per ampliare la visibilità, identificare potenziali inefficienze e prevenire interruzioni prima che si riversino a cascata lungo la supply chain. Mobile e IoT possono consentire inoltre il tracciamento e il monitoraggio in tempo reale delle spedizioni, fornire aggiornamenti in tempo reale per rendere più efficiente il processo logistico e ridurre quindi le emissioni. I dati provenienti da queste fonti possono fornire informazioni agli algoritmi di machine learning, alle torri di controllo o alle tecnologie di valutazione del ciclo di vita, creando un circolo virtuoso che migliora l’efficienza a monte e a valle della supply chain.

Secondo gli intervistati, i vantaggi legati alla sostenibilità abilitati dall’uso delle tecnologie si traducono in processi più efficienti, specialmente con il cloud nelle fasi di consegna (65%) e di progettazione e pianificazione (73%). I manager affermano inoltre di riscontrare una maggiore visibilità sui fornitori grazie all’uso di dispositivi mobili e IoT nelle fasi di progettazione e pianificazione (43%) e all’utilizzo di torri di controllo sempre nel processo di consegna (52%). Infine, il machine learning è utilizzato dal 22% delle aziende manifatturiere e dal 29% specificamente per la manutenzione dei prodotti

Un fattore chiave di competitività

“Oggi, siamo tutti più consapevoli che la sostenibilità non è un valore che si conquista solo aggiustando un processo, cercando di ridurre i consumi energetici o usando meno plastica. Deve essere invece un fattore centrale nella strategia di business dell’azienda e ricoprire un ruolo integrale nelle attività quotidiane che mantengono in funzione una supply chain, dalla progettazione alla distribuzione”, ha dichiarato Carla Masperi, Chief Operating Officer di SAP Italia e Grecia. “Non intervenire sulla sostenibilità potrebbe far allontanare dal brand elementi importanti dell’organizzazione, partendo dai dipendenti e arrivando ai clienti, azionisti e partner”.


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