Non dappertutto nel mondo l’economia è riuscita nel 2021 a recuperare il terreno perduto nel 2020 e a tornare alle cifre dei prodotti interni lordi pre-pandemici, del 2019. Sicuramente non in Italia e negli altri Paesi europei più colpiti dalla recessione di due anni fa, mentre è accaduto negli Usa, che in questo senso dimostrano di essere ancora una volta più dinamici.
Così come per il Pil anche a livello di mercati è possibile effettuare una distinzione tra quegli ambiti in cui il recupero deve ancora avvenire e quelli in cui è stato già raggiunto nel 2021.
Gli investimenti di Venture Capital in un segmento altamente innovativo come il Fintech appartengono alla prima categoria.
I numeri, resi noti da Kpmg, sono particolarmente significative. Nel 2018, nel 2019 e nel 2020 globalmente erano stati versati capitali di rischio in aziende non quotate, e ancora a livello di startup, del settore per un valore rispettivamente di 53,2, 43,2 e 46,2 miliardi di dollari. Nel 2021 questa cifra è balzata a 114,9 miliardi.
Si tratta di un incremento di 2,5 volte in un anno, e di 2,7 rispetto al 2019. In questo caso l’effetto della pandemia molto probabilmente è stato solo quello di frenare un boom che altrimenti ci sarebbe già stato nel 2020, e che si è manifestato con maggior forza nel 2021, includendo anche operazioni in cantiere l’anno precedente.
Il cambiamento è stato anche qualitativo oltre che quantitativo. Sulla base di questi numeri possiamo affermare che ora è il Venture Capital a costituire la forma più diffusa di investimento nel mercato del Fintech.
Le altre tipologie, il Private Equity e le acquisizioni e fusioni (M&A) sono state caratterizzate da flussi rispettivamente di 12,2 e 83,1 miliardi di dollari.
Il Private Equity, in particolare, non è mai stato particolarmente rilevante in questo ambito, perché trattandosi di un mercato relativamente nuovo le imprese già affermate e a uno stadio successivo di startup gli anni scorsi non erano molte.
Proprio per questo, tuttavia, i 12,2 miliardi, pur pochi rispetto ai 114,9 del Venture Capital, rappresentano una cifra importante, tanto più se consideriamo che vi è stato un incremento notevolissimo rispetto ai 2,9 del 2020, ai 3,3 del 2019 e ai 5,2 del 2018.
Ad avere segnato il passo, invece, sono state le operazioni di M&A. Hanno avuto un valore di 83,1 miliardi, di poco più alto di quello dell’anno precedente, 75,8, ma molto più basso di due anni prima, quando era arrivato a 167,2
È per quest'ultima performance che l’ammontare complessivo degli investimenti nel Fintech, 210,1 miliardi di dollari, nonostante sia risalito rispetto al 2020, non ha ancora raggiunto i livelli del 2019, ovvero 213,8 miliardi.
Se invece di considerare il valore monetario guardiamo ai deal conclusi, però, i numeri pre-pandemia sono stati nettamente superati. Le 5.684 operazioni dell’anno scorso, di cui 4.720 di Venture Capital, sono ben 920 in più di quelle del 2020 e 821 in più che nel 2019.
Questo trend è stato causato soprattutto da una riduzione dell’entità media delle operazioni di M&A cross-border, ovvero tra realtà di Paesi diversi. La dimensione mediana del tipico deal di acquisizione e fusione, tuttavia, non è stata nel 2021 inferiore a quella di due anni fa, 56,8 contro 55 milioni di dollari.
E nel caso del Venture Capital anzi, il dato peculiare è che vi è stato un grande aumento della valutazione mediana pre-money delle aziende Fintech che hanno ricevuto investimenti: quelle allo stadio di seed ne hanno ricevuta una di 9 milioni di dollari, contro i 6 del 2019, quelle in early stage una di 42,5 milioni (erano 16 due anni fa), e quelle in late stage addirittura di 200 milioni, contro i 65 del periodo pre-pandemico.
Questi ultimi dati ci fanno anche capire perché vi è stata, e presumibilmente continuerà anche in futuro a un ritmo spedito, la crescita delle operazioni di Private Equity: il settore sta diventando velocemente più maturo.
Il dato molto positivo è che l’incremento del valore dei deal non si accompagna a una riduzione del loro numero, ma anzi a un loro aumento.
Il dato forse più significativo tra quelli che riguardano il Fintech è, però, che la crescita che abbiamo visto, soprattutto nell’ambito del Venture Capital e del Private Equity, è guidata dall’area Emea, ovvero Europe Middle East e Africa. All’interno di questa è il mercato europeo, naturalmente, ad essere il più rilevante.
Il flusso di capitali venture è arrivato nel 2021 a quota 30,7 miliardi, quasi il quadruplo degli 8,4 del 2019. Il nostro Continente sta colmando il gap che lo aveva separato dal mercato americano, che pure rimane, con 64,5 miliardi, il più rilevante, e ha superato quello dell’area Asia Pacific. Qui gli investimenti di Venture Capital nel fintech, una volta superiori a quelli Emea, ora con 19,6 miliardi sono largamente inferiori.
All’interno del mercato europeo l’Italia non è mai stata in prima linea, lo sappiamo. Tuttavia anche nel Fintech abbiamo i nostri campioni. Tra questi Nexi, che nel 2021 ha realizzato il secondo deal più grande in termini dimensionali, con l’acquisizione per 9,2 miliardi della danese Nets.
Si tratta di una operazione di M&A, naturalmente, e al di là di questa il mondo degli investimenti in questo settore rimane piuttosto piccolo.
Considerando quelli di Venture Capital parliamo di 255,4 milioni per l’anno scorso. Si tratta di una cifra piccola, a paragone con quelle che vediamo nel resto d’Europa, ma in crescita. Nel 2021 una buona parte è stata rappresentata dalla raccolta di 180 milioni, in due round di 140 e 40, da parte di Scalapay, la startup milanese che ha lanciato nel nostro Paese il modello buy now, pay later, per acquistare prodotti e pagarli in seguito.
L’aumento complessivo del Venture Capital italiano, però, fa ben sperare. L’anno scorso, infatti, in tutti i settori, non solo in Fintech, quindi, il valore delle operazioni è arrivato a un miliardo e 243 milioni. Non solo si tratta di più del doppio dei 569,2 milioni del 2020, ma soprattutto di 3,4 volte i 367 del 2019.
In economia è noto il concetto di catching up: chi è più indietro tende a crescere di più di chi è più avanti e si è sviluppato prima, così da chiudere il gap che si è creato. Non sempre ciò avviene, per esempio non accade nel caso del Pil italiano, che negli ultimi 25 anni purtroppo ha avuto tassi di crescita inferiori dei Paesi già più ricchi, e il divario nei loro confronti si è allargato, invece che restringersi.
Sul versante del Venture Capital, invece siamo forse davanti a un vero catching up, stiamo recuperando terreno. Nella speranza che questo sia di buon auspicio e aiuti il resto dell’economia.