/BeyondTheBox è una startup innovativa nata a Milano nel 2019 dall’idea di Aleksandra e Massimo, i due founder: dopo anni passati all’interno di PMI italiane ed internazionali hanno sviluppato una soluzione che permette a tutte le aziende di accedere alle competenze necessarie per crescere e a tutte le persone di condividere le proprie competenze, in modo semplice, flessibile e inclusivo. Nel 2020 hanno concluso con successo una campagna di equity crowdfunding sulla nostra piattaforma raccogliendo più di 100mila euro.
Abbiamo chiesto ad Aleksandra Maravic di raccontarci come è evoluto il progetto, anche grazie al nuovo round appena concluso, oltre a qualche tips da condividere con i founder che si affacciano al mercato dei capitali, per prepararsi al meglio.
Il team è stato il cambiamento più grande. Quando abbiamo fatto il crowdfunding eravamo io, Massimo [il mio co-founder] e una serie di persone che ci davano supporto strategico. Dopo il crowdfunding abbiamo potuto assumere le prime persone che, anche grazie ad un supporto più operativo, hanno contribuito a portare il progetto ad un livello successivo. Questa crescita ci ha permesso di sviluppare la tecnologia e iniziare a testare i canali di acquisizione clienti in modo più sistematico.
Network, comprensione e supporto. L’investitore non è quasi mai coinvolto nell’operatività quotidiana ma è colui che permette di accedere a un network molto più ampio, che dà supporto quando è necessario e soprattutto offre comprensione. Fare impresa è una maratona e a volte è davvero stancante: poter contare su qualcuno che conosce questo percorso permette di sostenerlo/affrontarlo con più serenità.
Sicuramente il founder dev’essere in grado di trarre il meglio dalla relazione con i propri investitori. Siamo tutti presi dalle nostre vite quotidiane e anche i migliori investitori con il tempo vengono risucchiati dalle loro attività: il compito del founder sta anche nel saper chiedere aiuto e supporto ai propri investitori.
L’Edtech è un settore in forte crescita (15% anno su anno) e si pensa che seguirà i numeri del Fintech. È però difficile da comprendere in quanto le soluzioni disponibili sono eterogenee, con tecnologie e business model diversificati. Nei prossimi 10 anni assisteremo ad un grande investimento da parte delle corporate, che triplicheranno la loro spesa in formazione, ma c’è ancora molto lavoro da fare per la formazione nelle scuole.
Tre trend su cui consiglio di puntare sono:
È comunque importante che tutta la tecnologia utilizzata nel mondo della formazione sia pensata e realizzata per rimettere le persone al centro e costruire apprendimento adattivo - personalizzato per ciascun studente/utente. Che si tratti di giovani studenti o adulti che vogliono migliorare le loro competenze, la formazione deve andare incontro alle loro esigenze ed evolvere insieme a loro.
Felicissimi di questo pre-seed da 650 mila euro, perché ci ha permesso di portare a bordo soggetti come Cassa Depositi e Prestiti, SuperCharger Ventures (acceleratore con sede a Singapore e UK focalizzato sull’EdTech) e POLIMI Gsom, la Business School del Politecnico di Milano.
Avere investitori che conoscono il nostro settore è stato cruciale e sta facendo la differenza. Con SuperCharger stiamo lavorando per il prossimo round e alla strategia di internazionalizzazione, mentre con il POLIMI abbiamo anche siglato un accordo di partnership che permetterà a loro di raggiungere un nuovo target di utenti e a noi di mettere a disposizione /BeyondTheBox alle corporate del loro network.
Non solo, tutti questi investitori ci stanno dando accesso a una rete di persone e competenze che non avremmo mai pensato di poter raggiungere. Nei prossimi mesi ci concentreremo sul raggiungimento degli obiettivi di business, sull’ampliamento del team e sul prodotto.
La mia visione è di eliminare lo “skills mismatch”, il disallineamento delle competenze sul mercato del lavoro, e offrire a persone e imprese un nuovo modo di condividere e accedere a competenze: grazie a questi investitori vedo questo obiettivo sempre più concreto.
Di prepararsi molto bene, sia da un punto di vista di flussi di lavoro che di mindset. Fare fundraising è un lavoro a tempo pieno e consiglio di approcciarlo come se fosse un task.
Fare ricerca dei potenziali investitori, classificarli, individuare quelli più idonei per il settore e la fase dell’azienda, iniziare a contattarli e fare follow-up. L’ideale è avere qualcuno che vi introduce, ma in mancanza di quello: cold email e contatti su LinkedIn. Io parto sempre da quelli che ritengo meno interessanti, così da migliorare di volta in volta il pitch e le mie risposte per quando incontrerò quelli che davvero mi interessano e vorrei in cap table.
Può essere un lavoro estenuante soprattutto per i “no” o il ghosting. Per questo dico che il mindset è importante. Ci saranno tanti “no”, tante persone spariranno, capiteranno anche domande inopportune e discriminatorie, sufficienza e bullismo. Bisogna rimanere focalizzati e passare oltre perché anche per il founder questo è un momento di due diligence nei confronti dell’investitore: dobbiamo essere certi di rivolgerci a persone di valore e non accettare i soldi da chiunque, perché nel lungo tempo le scelte sbagliate si pagano.