La Commissione Europea propone nuove regole da seguire per i dati generati nell'UE: chi può utilizzare quelli dei cittadini europei? Chi può averne accesso? Quali settori economici saranno interessati?
"Vogliamo offrire ai consumatori e alle aziende un controllo ancora maggiore su ciò che si può fare con i loro dati, chiarendo chi può accedere e a quali condizioni”. Queste le parole di Margrethe Vestager, Commissario per la concorrenza e il digitale dell’Unione Europea che, a proposito della decisione di adottare la proposta di regolamento sull'accesso e sull'uso equo dei dati, noto anche come Data Act, ha poi aggiunto: “Questo è un principio digitale chiave che contribuirà a creare un'economia basata sui dati solida ed equa e guiderà la trasformazione digitale".
Il Data Act, in effetti, è un pilastro fondamentale della strategia europea per i dati. Fornirà un contributo importante alla trasformazione del decennio digitale, ovvero quel percorso che dovrebbe portare entro il 2030 a sfruttare nuove tendenze digitali, e la crescente domanda di digitalizzazione rafforzata ancora di più dalla pandemia.
Le nuove misure integrano il regolamento sulla governance dei dati proposto nel novembre 2020, il primo passo evidente della strategia europea in tale contesto. Tuttavia, mentre il regolamento risalente all’anno scorso crea i processi e le strutture per facilitare i dati, il Data Act chiarisce chi può creare valore dai essi e a quali condizioni.
Il Data Act, nel dettaglio, stabilisce anche nuove norme relative a una questione di strettissima attualità, in grande crescita e quindi soggetta alla necessità di una nuova regolamentazione: stiamo parlando dell'uso dei dati generati dai dispositivi Internet of Things (IoT).
Restando in riferimento a questo frangente, gli utenti - sia professionali che privati - di questi oggetti intelligenti generalmente ritengono di dover avere pieni diritti sui dati che generano. Tuttavia, i flussi legati ad essi spesso non sono così chiari, soprattutto perché produttori, a dire il vero, non sempre progettano i loro prodotti in modo tale da consentire di sfruttare appieno i dati digitali generati dell’utilizzo di oggetti IoT.
In altri termini, non vi è un'equa distribuzione della capacità di studiare sequenze di dati digitali così importanti. Da ciò, prevedibilmente, si possono creare dei ritardi nei processi di digitalizzazione aziendale e in quello della relativa creazione di valore.
I dati sono un bene paragonabile ai lampioni nelle strade o a una vista panoramica: molte persone possono accedervi contemporaneamente e possono essere consumati più volte senza che a loro qualità ne risulti intaccata e senza correre il rischio che la loro disponibilità si esaurisca.
Come ampiamente descritto sul sito ufficiale dell’Unione Europea, dai 33 zettabyte (1 zettabyte corrisponde a 1.099.511.627.776 Gigabyte, nda) generati nel 2018 ai 175 zettabyte previsti nel 2025, il volume dei dati è in continua crescita.
Il loro potenziale, tuttavia, non è ancora sfruttato a pieno poiché l'80% dei dati industriali non viene di fatto preso in considerazione.
Il Data Act affronta le questioni legali, economiche e tecniche che spesso portano a un sottoutilizzo dei dati. Tra le altre cose, le nuove regole del Data Act ne renderanno disponibili in quantità ancora maggiore, daranno un impulso più forte ai Big Data e, si prevede, creeranno 270 miliardi di euro di PIL in più entro il 2028.
Ecco cosa prevede nel dettaglio il nuovo Data Act:
Il Data Act, inoltre, rivede alcuni aspetti della Direttiva sui Database creata all’inizio degli anni '90 per proteggere gli investimenti nella presentazione strutturata dei dati. In particolare, chiarisce che i Database contenenti dati da dispositivi e oggetti Internet-of-Things (IoT) non dovrebbero essere soggetti a una protezione legale separata.
Il Data Act si pone, quindi, come un potente motore per l'innovazione nonché per la creazione di nuovi posti di lavoro. Consentirà all'UE di essere in prima linea nella nuova ondata di trasformazione digitale, quella basata sui dati. Il sistema di nuove norme garantirà che i dati industriali siano condivisi, archiviati ed elaborati nel pieno rispetto delle norme europee ma costituirà una nuova economia digitale europea forte, innovativa e sovrana.
La disponibilità di dati sul funzionamento delle apparecchiature industriali consentirà l'ottimizzazione dei processi nelle aziende che potranno, quindi, ottimizzare i propri cicli operativi, migliorare le linee di produzione o la gestione della catena di approvvigionamento, anche facendo ricorso dell'apprendimento automatico.
Le imprese dell'UE, in particolare le PMI, avranno maggiori possibilità di competere e innovare sulla base dei dati che generano grazie all'accesso facilitato e ai diritti di portabilità. Sarà, pertanto, più facile trasferire i dati da e tra i fornitori di servizi e questo incoraggerà più attori, indipendentemente dalle loro dimensioni, a partecipare a quella che ha tutte le caratteristiche di una nuova economia dei dati.