La rapida e prorompente evoluzione del computing ha permesso al deep learning, quella disciplina attigua all'intelligenza artificiale che prevede lo sviluppo di algoritmi per l’apprendimento automatico, di compiere un grande balzo in avanti.
Una delle modalità più classifiche di funzionamento di questa branchia dell’AI ha a che fare con le reti neurali, mediante le quali è possibile replicare le funzionalità del cervello in diversi ambiti di utilizzo.
Oggi, per eseguire i processi di calcolo richiesti da una rete neurale si sta facendo largo un nuovo approccio, nel quale il tradizionale segnale digitale viene sostituito con un segnale luminoso emesso da un’unità di processo di tipo “fotonico”, in grado di migliorare la velocità e l’efficienza degli attuali paradigmi di apprendimento basati su processori digitali, che presentano dei limiti nell’eseguire operazioni più complesse.
D’altra parte, già da molto tempo le fibre ottiche hanno dato dimostrazione di poter supportare velocità di trasmissione dati molto più elevate rispetto ai cavi elettrici. Ecco perché tutte le linee di comunicazione a lungo raggio sono diventate ottiche sostituendo i cavi di rame. La comunicazione ottica dei dati è più veloce e consuma meno energia.
Secondo gli studi più recenti, il passaggio alla tecnologia che sfrutta i fotoni ha delle potenzialità anche tre volte superiori a quella elettrica e, via via che i processori a tecnologia fotonica conosceranno una maggiore diffusione, i processi di deep learning saranno caratterizzati da un minor consumo di energia, avranno tempi di risposta più rapidi e ridurranno il traffico dei data center.
In termini concreti, ciò si traduce in una più elevata velocità di elaborazione dei dati, in quanto un’ampia porzione di dati viene processata in una fase precedente, e quindi rimane solo una piccola parte di dati da inviare sul cloud o presso i centri di elaborazione dei dati.