Uno spazio digitale più sicuro, in cui i diritti fondamentali degli utenti siano protetti, e nel quale le imprese siano obbligate a operare all’interno di un set di regole ben definite.
È questa la missione che i regolatori europei si sono impegnati a portare a termine nel delineare gli elementi cardine di due importanti provvedimenti, il Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA).
Ci concentriamo, qui, su quest’ultimo, che - con ogni probabilità - entro la fine di questo mese verrà rilasciato in versione definitiva e sottoposto ad approvazione, al termine di un iter di negoziazione che ha coinvolto Consiglio, Parlamento e Commissione dell’Ue (il cosiddetto Trilogo, nda) cominciato diversi mesi fa e votato a larga maggioranza lo scorso 20 gennaio.
Si tratta, appunto, di un testo normativo di particolare importanza per il suo impatto, sia sullo scenario operativo dell’industria culturale del Vecchio Continente, sia sulla reale efficacia delle misure di rafforzamento di tutela dei titolari dei diritti.
Insomma, a distanza di quattro anni dal momento in cui ha imposto una nuova concezione della privacy con il GDPR, l’Unione europea ancora una volta interviene sul settore digitale per ridisegnarne le regole in difesa degli utenti.
Le istanze regolamentali contenute nella normativa si rivolgono, innanzitutto, alle grandi piattaforme online (indicate nel testo come “prestatori di servizi intermediari”) e punta a far sì che i grandi player dei contesti digitali (Google, Amazon, Meta ed Apple su tutti) mettano in atto i rispettivi processi di responsabilizzazione verso i contenuti che veicolano online.
Del resto, ha dichiarato dopo il voto l’eurodeputata socialista Christel Schaldemose, responsabile del dossier per il Parlamento UE “negli ultimi vent’anni “le piattaforme online sono diventate sempre più importanti nella nostra vita quotidiana, portando nuove opportunità, ma anche nuovi rischi. È quindi nostro dovere assicurarci che ciò che è illegale offline sia illegale online. Dobbiamo assicurarci di mettere in atto regole digitali a beneficio dei consumatori e dei cittadini”.
Un aspetto molto importante è quello che riguarda la porzione di contenuto relativa all’advertising, in particolare sul consenso da parte degli utenti nei confronti della pubblicità mirata.
In base al DSA, il fornitore del servizio deve ottenere l’autorizzazione dell’utente prima di tracciarlo al fine di proporre pubblicità ad hoc, facendo sì che per l’utente rifiutare il consenso non sia più complicato o dispendioso in termini di tempo rispetto a fornirlo. Se il consenso viene rifiutato o revocato, l’utente deve avere altre opzioni per accedere alla piattaforma online, comprese opzioni che prevedano l’utilizzo esclusivo di pubblicità non mirata
Altri aspetti hanno a che fare con la trasparenza degli algoritmi e sull’introduzione dei cosiddetti “protocolli di crisi”, che la Commisione Europea può adottare per affrontare e risolvere “situazioni di crisi strettamente limitate a circostanze straordinarie “che incidono sulla sicurezza pubblica o sulla salute pubblica”, si legge nel testo del provvedimento.
In ultima analisi, è certamente prematuro stabilire se il DSA e il sovracitato DMA riusciranno a configurare una Rete migliore o se invece avranno una portata limitata e poco influente o, addirittura, creeranno solo nuovi problemi.
Quello che però è certo è che, se gli Stati Uniti sono il luogo della genesi delle grandi iniziative che sfruttano Internet come fattore abilitante, l’Europa è sempre più chiaramente il territorio in cui si stabiliscono le regole per disciplinare e - se necessario - frenare le situazioni di egemonia dominante, con tutto ciò che queste comportano.