“Disruptive innovation”, o innovazione dirompente. Con questo termine, oggi, si indicano, appunto, quelle innovazioni (tecnologiche, di business, di metodo, ecc.) capaci di cambiare lo status quo di un mercato o di un modello di business consolidato.
L’origine di tale termine viene attribuita agli autori del libro “Disruptive technologies: catching the wave”, pubblicato nel 1995 sull’Harvard Business Review. Se vogliamo, il concetto può essere fatto risalire all’economista Schumpeter che nel suo “Teoria dello sviluppo economico“ (1934) definisce “innovazioni incrementali” i miglioramenti continui di prodotti e servizi esistenti.
Sull’argomento, in seguito sono stati scritti molti altri libri. Il concetto investe tutti gli attori presenti sul mercato, sia le aziende, quindi, sia i consumatori.
A differenza di altri tipi di innovazione, che modernizzano settori già esistenti, quella di tipo disruptive riguarda la creazione di un mercato che spesso è completamente nuovo, e determina la fine di altri che magari sono dominanti da anni.
Un esempio è quello delle automobili all’inizio del XX secolo, quando Henry Ford, con la creazione della sua Model T, auto completamente standardizzata, dal prezzo abbordabile per la classe media di allora, rivoluzionò la mobilità. Contribuendo più di altri a mettere fuori mercato carrozze e cavalli.
Altre caratteristiche della disruption innovation sono l’estraneità delle imprese disruptive dal mercato che vanno di fatto a distruggere, e poi la radicalità del cambiamento impresso, che va oltre l’innovazione di prodotto, e riguarda anche la nascita di nuovi modelli di business.
La disruptive innovation ha quindi la capacità di cambiare le carte in tavola, facendo nascere e crescere nuove aziende a scapito di altre. Un esempio di questo sono i servizi di musica e tv on demand, Spotify e Netflix, che in pochi anni si sono guadagnate significative fette di mercato, erodendo i profitti dell’industria dell’audiovisivo tradizionale.
Netflix non ha semplicemente innovato il mercato dell’entertainment TV, l’ha rivoluzionato ridimensionando quello tradizionale, e distruggendone un segmento importante come il noleggio. Al contrario per esempio di Uber, che può essere considerata un’innovazione del servizio taxi, Netflix ha cambiato il paradigma per quanto riguarda il rapporto consumatore-provider di servizi.
In precedenza il secondo, sotto forma di canale televisivo, sceglieva per il primo quando e come il consumatore poteva guardare un film o una serie, ora è il consumatore a effettuare questa scelta. A parità di prezzo.
Con il noleggio tale possibilità esisteva, ma aveva un costo molto elevato, la rivoluzione di Netflix ha consentito la nascita di un nuovo modello con un prezzo low cost.
Le startup sono i disrupter per antonomasia, avendo dimensioni ridotte, strutture organizzative flessibili, alta propensione al rischio e alla sperimentazione. L’esigenza di conquistarsi un posto nel mercato le porta a individuare, meglio delle grandi aziende, nuove tendenze e nicchie snobbate dalle big company, fino a creare modelli di business innovativi.