Donato Vadruccio (Plick): "Le banche stanno capendo che il Fintech non è un competitor"

Gianni Balduzzi 22/01/2021

La digitalizzazione è stata la protagonista di quest’ultimo anno molto particolare, e lo sarà ancora di più in futuro, come mezzo per raggiungere una maggiore produttività per le aziende ma anche di maggiore semplificazione per i cittadini. 

A questo molto probabilmente pensava Donato Vadruccio, 18 anni passati in Mediolanum, 7 come Responsabile Divisione Governance e Gestione Servizi Bancari, quando nel 2016 fondava Paydo, startup fintech creatrice di Plick, in partenza un assegno digitale per trasferire denaro tramite un indirizzo email o un numero di telefono senza bisogno che il ricevente sia iscritto a nessun servizio, divenuto nel tempo un servizio per portare semplificazione e rapidità nei pagamenti

Per questo abbiamo pensato di incontrarlo

Buongiorno Vadruccio, grazie per l’occasione di questa intervista, le vorrei chiedere innanzitutto come vi state rapportando a questo periodo così anomalo e di crisi. E se per caso questo abbia in realtà dato un boost alla vostra attività

Da un punto di vista umano abbiamo e professionale l’impatto è stato notevole, abbiamo dovuto rapidamente abbandonare vecchie abitudini, ma eravamo già abituati allo smart working, e siamo andati in modalità “zero presenza” in breve tempo.

Questo new normal non ci ha impedito di realizzare progetti, rilasciare servizi, attivare collaborazioni con nuove banche, sviluppare nuove idee. 

Dal punto di vista delle relazioni commerciali abbiamo continuato a lavorare regolarmente, e anche se da un lato vi è stato qualche rallentamento dal punto di vista degli incontri, dall’altro vi sono state anche accelerazioni, perchè la situazione attuale ha reso chiaro come in lockdown sia più difficile gestire gli assegni e le altre modalità classiche di pagamento, sia come banca, che come azienda, che come privato. 

E quindi abbiamo completato attività commerciali e di integrazione pur senza vedere i nostri interlocutori dal vivo. È emersa l’esigenza di accelerare processi di digitalizzazioni che aziende e banche avevano già avviato ma cui non era stata forse data la priorità, priorità che ha invece acquisito con l’emergenza.

Avete visto quindi un aumento dell’utilizzo dei vostri servizi?

Certo, e visto che siamo in un momento in cui stiamo integrando delle banche, abbiamo visto sia un incremento dell’utilizzo di Plick che delle contrattualizzazioni, ovvero nuovi accordi con partner.

Parallelamente come dicevo grandi imprese e in particolare assicurazioni hanno sentito il bisogno di una maggiore digitalizzazione e abbiamo potuto fare partire un servizio destinato specificatamente ai pagamenti nell’ambito dei sinistri.

Sempre più rappresentiamo come Plick non solo un servizio di pagamento ma anche una piattaforma al servizio delle imprese, perchè è totalmente personalizzabile con colori, loghi, contenuti, allegati, e soprattutto perché dentro Plick possono convergere anche altri processi, non solo quelli di pagamento, a tutto vantaggio dell’efficienza.

A suo avviso nel Fintech vi è un riallineamento dell’Italia con il livello raggiunto in altri Paesi europei?

Parlo anche come vicepresidente di Italia Fintech. Sicuramente in questo momento c’è un riallineamento e un’accelerazione dell’Italia sotto questo aspetto. 

In passato il Paese è andato al rallentatore anche perché gli investimenti in operazioni di rischio sono un po’ contenuti, c’è un po’ di freno, c’era una collaborazione più scarsa da parte delle banche con il mondo Fintech.

Oggi il paradigma è un po’ cambiato, stiamo vedendo che le Fintech non sono necessariamente un competitor delle banche, anzi possono diventare un concreto acceleratore di innovazione.

In che modo può essere complementare e non competitivo con le banche?

Come nel caso di Plick si può trattare di servizi che vengono erogati esclusivamente sui conti delle banche che lo scelgono, e quindi, anzi, diventa un servizio in primis della banca andando a valorizzare la relazione della banca con il proprio cliente. Il servizio fintech è un acceleratore di innovazione per la banca stessa, un’opportunità.

C’era stato in precedenza un pregiudizio da parte loro?

C’era, sì, c’è stato un periodo in cui le banche vedevano con diffidenza questi nuovi attori che avanzavano con nuovi servizi fintech, ed alcuni erano effettivamente dei competitor, altri nascevano come competitor e poi sono diventati dei partner, mentre altri ancora, ed è il nostro caso, fin dalla nascita erano e sono esplicitamente dei partner del mondo bancario e finanziario.

Ma oggi è chiaro che con il Fintech si può fare innovazione con investimenti e rischi contenuti dando un servizio in più, anche se di nicchia, ai propri clienti. Questa consapevolezza sta dando un’accelerazione al Fintech in Italia. Certo alcune difficoltà rimangono, per esempio rispetto alle tempistiche che una banca ha nell’integrare una piattaforma nuova dovendo trovare spazio tra i molti progetti in essere che vanno dalla compliance ai prodotti e servizi.  

Ma l’approccio sta cambiando con modelli di sviluppo dell’innovazione paralleli alla gestione ordinaria ed ai progetti evolutivi.

L’Italia sta quindi recuperando terreno. Si sottolineano sempre le lacune, ma c’è qualche aspetto del sistema Italia che favorisce questo settore?

Ho visto con piacere che è aumentata la richiesta di innovazione, sia da parte del cliente finale, che chiede servizi, semplici, utili e differenziati, sia dalle persone, sia da parte delle imprese che richiedono un tipo di innovazione semplice e facilmente applicabile alle loro esigenze.

In particolare i servizi per le imprese devono essere personalizzabili.

La vostra azienda è a tutti gli effetti una startup, essendo nata da pochissimi anni. A chi ora ne sta fondando una, magari proprio nel settore Fintech, cosa si sentirebbe di suggerire?

A chi pensa di lanciare una startup per il mondo bancario e finanziario o comunque in un mercato regolamentato consiglio innanzitutto di puntare sulla competenza e sul team. È il biglietto da visita quando si parla con le banche ed il regolatore da un lato ma dall’altro è la base per costruire servizi nel necessario rispetto delle norme ma arricchiti dalla fantasia e visione innovativa.

Un altro aspetto importante è quello di testare l’idea in modo sfidante e concreto, possibilmente con interlocutori non di parte; questo aiuta nel consolidare l’idea e contemporaneamente nel trovare investitori, meglio se questi ultimi conoscono il mercato di riferimento.

Gli azionisti, quindi gli investitori, la competenza serve anche per attirare loro, dunque...

Sì, ma come accennavo prima, la competenza innanzitutto consente di realizzare un prodotto a norma e nel contempo innovativo.

Quindi ancora prima degli investitori è importante realizzare un prodotto innovativo ma sostenibile, e aderente alla compliance del caso, perché se ci si occupa ad esempio di pagamenti non si può improvvisare, non ci si può permettere di sbagliare, nemmeno una volta. 

In altri settori l’errore è premiante, è esperienza, nei pagamenti non può accettare l’errore perché la fiducia è parte integrante del servizio.

La ringrazio molto dottor Vadruccio

Grazie a lei.

 


Potrebbe interessarti anche:

banking & finance

Fintech, la tecnologia che rivoluziona la finanza

banking & finance interviste

Paolo Sangalli, ex Vicepresidente IBM Italia: “Imprenditori di Pmi e startup, imparate la finanza”

blockchain banking & finance

Bitcoin: una criptovaluta su cui investire?