Con la crescita del settore del crowdfunding a livello internazionale si è affermata l’esigenza sia di regolamentarlo in modo certo, sia di rendere i mercati internazionali più omogenei, almeno a livello europeo.
Eurocrowd, European Crowdfunding Network, porta la voce degli stakeholder di questo nuovo settore nelle e alle istituzioni, per promuovere trasparenza e una giusta governance in tutto l’ambito della finanza digitale.
Si tratta di un’iniziativa che ci riguarda molto da vicino, e per questo abbiamo voluto incontrare Francesca Passeri, vicedirettrice di Eurocrowd, per parlare di cosa è cambiato e sta cambiando in questo mercato giovane.
Siamo nati nel 2013 come organizzazione no profit formalizzata, quindi come associazione, con lo scopo di rappresentare, promuovere e innovare il settore del crowdfunding a livello europeo, e ancora oggi siamo gli unici ad agire in maniera verticale in questo mondo.
A generarci è stato uno sforzo bottom up, da parte di quelli che erano all’epoca gli operatori di mercato nel crowdfunding. I membri fondatori sono stati 12 piattaforme, e sono state queste a dare una struttura, un segretariato, nello specifico, all’associazione.
Manteniamo i contatti, quindi, tra questi operatori di mercato e le controparti a livello sia di istituzioni europee che di istituzioni nazionali quando se ne presenta la necessità. Come è accaduto con il Regolamento Europeo del settore del crowdfunding. Abbiamo lavorato in questo frangente con la Commissione, il Parlamento, il Consiglio Europeo.
È esattamente il lavoro che svolgiamo a Bruxelles e di cui io mi occupo principalmente. Lobbying verso le istituzioni, come per il Regolamento Europeo, verso le rappresentanze permanenti che ogni Paese ha qui, ma non solo, ci occupiamo di tutte le attività di ausilio allo sviluppo delle normative.
Non si tratta, cioè, di fare passare le proprie necessità o i propri desiderata, ma è un’azione di supporto informato perchè chi scrive la legge possa farlo in modo più consapevole.
Possiamo dire che il trend è stato costante e sostenuto. Da quando abbiamo cominciato a monitorarlo il mercato è cresciuto sempre in doppia cifra. In alcuni anni i volumi si sono più che raddoppiati, in altri, più recenti, l’aumento è stato del 60%, che è in ogni caso una crescita significativa essendo la base di partenza già più ampia rispetto ai primi periodi.
Con la pandemia abbiamo chiesto subito che fossero preparate quelle misure di gestione in sicurezza degli investitori e delle imprese. Ci si aspettava una flessione nel flusso di investimenti, cosa che invece non si è verificata, perché il meccanismo si è rivelato molto flessibile e rapido in un momento in cui il bisogno di liquidità è stato estremo.
In Italia e altri Paesi sono stati varati strumenti di aiuto, di garanzia, di co-prestito, come per esempio il fondo di garanzia del Mediocredito Centrale. Più imprese hanno iniziato a rivolgersi al crowdfunding proprio nel momento di crisi.
Esattamente, perchè abbiamo visto che anche l’investitore retail, il risparmiatore, è stato attratto dalla trasparenza e dalla possibilità di investire in aziende che hanno un impatto concreto, piuttosto che in un grande fondo di cui non sa esattamente come gestisce il denaro.
Dal lato delle imprese anche molte medie e piccole, prima più restie verso il crowdfunding, hanno scelto questo strumento proprio per la velocità di erogazione della liquidità.
Del resto il crowdfunding stesso nasce in un momento di crisi, quella finanziaria tra il 2008 e il 2009.
Più che un settore è stata una fascia di imprese a fare da apripista, tutte quelle in seed e pre-seed. Un settore molto forte, che traina il crowdfunding, ora è sicuramente quello dell’immobiliare, e poi le aziende che si occupano di energie rinnovabili e sostenibilità.
Questo ambito rimane tra quelli in cui vi sono più investimenti, ma dobbiamo dire che i settori che ci hanno sorpreso sono quelli che ho detto. A maggior ragione per il fatto che nelle energie rinnovabili i ritorni sono a 10-15 anni, cosa che rende il loro successo anche più sorprendente.
Sicuramente la prima causa di frammentazione e di disomogeneità tra i Paesi europei è il contesto normativo precedente al Regolamento Europeo. Quei mercati in cui il crowdfunding si è sviluppato di più e adesso è a uno stadio maturo sono quelli dove si è fatto uno sforzo normativo maggiore per disciplinare lo strumento e garantire un quadro certo a imprese e investitori. Ed è accaduto nel Regno Unito, quando era Stato Membro, in Francia, anche in Italia, che è stato tra i primi Paesi ad avere leggi sul tema.
Oggi in Europa le differenze rimangono forti e sono diventate strutturali. Con la nuova normativa ci aspettiamo che gli operatori si muovano verso i nuovi mercati, dove magari non esistevano neanche piattaforme. Si tratta tipicamente di quelli collocati nell’Est della Ue.
Rispetto alle leggi già in vigore nel nostro Paese ci sono stati pochi cambiamenti. La variazione più importante è stata il limite massimo di raccolta per le imprese, fissato a 5 milioni, mentre prima era di 8 in Italia.
Nel 2023 in ogni caso il Regolamento verrà rivisto.
La maggiore novità, come dicevo, è stato l’arrivo di una normativa dove non ve ne era alcuna. Non ci aspettiamo l’emergere di grandissimi player tra quelli provenienti da questi Paesi. Piuttosto ci attendiamo che quelli già esistenti vadano a offrire lì i propri servizi.
Sarà interessante osservare la risposta del mercato a tutto ciò. Speriamo comunque che soggetti nuovi nascano, magari in partnership con attori della finanza tradizionale.
Questo porterà a un incremento ancora più sensibile di quello attuale dei volumi di mercato.
Fino ad adesso si è vista una grande frammentazione, un proliferare di offerta. Nell'ultimo anno e mezzo vi è una spinta alla crescita, con attori consolidati nel proprio mercato che cercano di espandersi attraverso fusioni o acquisizioni.
Ci aspettiamo che resistano e sopravvivano i business model più forti.
È necessario costituire un polo che possa acquisire in modo sistematico, coerente e capillare tutti i dati che ruotano intorno al crowdfunding. Non vi è una raccolta continuativa di numeri.
È necessario che si tratti di un meccanismo semi-automatico di acquisizione di dati sulle imprese, sul numero di investitori, sul rendimento medio, sui tassi di default, e altro ancora. Sono informazioni che potrebbero aiutare non solo il regolatore, ma anche banche, fondi di investimento, chiunque voglia interfacciarsi con una piattaforma, perché questo mercato possa crescere, diventare mainstream, e non solo qualcosa di alternativo.
Grazie a voi