Forse pochi lo avrebbero immaginato all’inizio della pandemia, del resto almeno in Italia quello del Private Equity era uno dei settori più giovani, e certo di dimensioni inferiori a quelle che aveva raggiunto in altre economie d’Europa e Nordamerica
Ha naturalmente sofferto e visto il segno meno come quasi tutti nel 2020, ma la ripresa del 2021 non solo ha risollevato il mercato, ma lo ha portato a vette che neanche nelle fasi migliori del mondo pre-Covid si erano viste. Persino il Pil del Paese, nonostante una crescita superiore al 6% non è ritornato ai valori del 2019, mentre gli investimenti in equity sì, superandoli.
L’Osservatorio PEM (Private Equity Monitor) della LIUC Business School, si occupa, appunto, solo di Private Equity, del segmento del later stage, e quindi di operazioni di Expansion, Buy out, Replacement e Turnaround. Ha segnalato nel 2021 la chiusura di 383 deal, un record assoluto. Non solo vi è stata una netta crescita rispetto ai 252 del 2020, ma si tratta anche della prima volta in cui è stata superata quota 300.
Per far comprendere meglio l’idea dell’aumento delle operazioni l’Osservatorio utilizza come base di calcolo quelle del 2003. Ebbene, ponendo il numero di queste uguali a 100, nell’ultimo trimestre del 2021 si è arrivati a un indice di 975. Vuol dire che vi è stata una crescita di quasi 10 volte in 18 anni.
Con una evidente accelerazione proprio nell’ultimo anno e negli ultimi mesi. Non a caso nei tre mesi di ottobre, novembre e dicembre i deal sono stati 117, più degli 86 dello stesso periodo dell’anno precedente (un dato già molto positivo),
Per la grande maggioranza dei casi si tratta di buyout, e in una porzione importante di questi di add on, quindi di aggregazione ad altre realtà, operazione sempre più frequente negli ultimi anni.
Non sono mancati, anche se minoritari, investimenti da expansion, con cui investitori esterni hanno inserito capitale in un’impresa confidando nel suo sviluppo. Uno degli esempi più celebri, risalente proprio a dicembre, è probabilmente quello che riguarda l’acquisizione da parte di Red Circle Investments, di Renzo Rosso, di quote in Bending Spoons, una delle maggiori aziende ICT del nostro Paese.
Maggiori dettagli su tutto il 2021 emergeranno nelle prossime settimane, e del resto già il primo semestre dell’anno aveva rappresentato un record positivo, e ne avevamo dato notizia parlando dell’accurato report di AIFI (Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital), che mette insieme sia le operazioni nel segmento maturo che quelle che interessano le startup.
Vi sono, tuttavia, già alcuni highlight sugli investimenti effettuati in dicembre e negli ultimi mesi del 2021 che possiamo sottolineare come particolarmente positivi.
Tornando, infatti, a quanto censito dall’Osservatorio PEM è importante sottolineare come stia declinando quella concentrazione delle operazioni finanziarie di questo tipo in Lombardia e nell’area milanese, dove non a caso si trovano anche la gran parte degli investimenti in venture capital e delle startup.
Dagli ultimi dati emerge come sia sempre il Nord Italia a essere protagonista, ma le operazioni in terra lombarda rappresentino non più del 35% del mercato, mentre dietro seguono quelle in Veneto, 20%, ed Emilia Romagna, 15%.
Dainese, azienda con base veneta, per esempio, è stata oggetto di un’operazione di buyout da parte della controllante (all’80%) Investcorp, che tramite un fondo realizzato congiuntamente a Coller Capital ha acquistato le proprie quote.
Aumentano allo stesso tempo, sia in numeri assoluti che in percentuale sul totale, le operazioni nel Centro e nel Sud Italia.
Secondo gli analisti nel 2022 dovrebbero proseguire ed anzi accelerare i trend già visti nel 2021.
EY (ex Ernst & Young) sottolinea come i fondi di private equity abbiano avuto un ruolo fondamentale nel settore definito “Life Science”, ovvero quello scientifico, medicale, biotecnologico. Gran parte degli investimenti visti nel settore, 2 miliardi, più del doppio che nel 2021, sono stati veicolati da tali fondi. Per esempio vi sono stati buyout di laboratori analisi, centri diagnostici e di ricerca, e l’interesse per il settore rimarrà intatto nel 2022.
Un altro ambito che ha generato forte interesse nel 2021 e ne genererà altrettanto quest’anno è quello dell’industria. 53 operazioni di private equity hanno coinvolto realtà industriali italiani, con una crescita che è stata guidata anche dalle opportunità di Industria 4.0. Ma non solo.
Giocano un ruolo sempre centrale, infatti, le conseguenze dirette e soprattutto indirette del Covid. Non è difficile immaginare come i sempre più ingenti investimenti in ambito medicale e diagnostico siano legati alla pandemia e alla maggiore importanza che centri diagnostici e cliniche stanno avendo.
Tuttavia la pandemia c’entra anche con l’attrazione del settore industriale. Il Covid sta costringendo molte aziende, anche medie e piccole, a potenziare l’utilizzo di sistemi digitali, e allo stesso tempo a rendere più economica ed efficiente, per quanto possibile, la supply chain, in questa fase in cui ha subito un’importante disruption.
Tutto ciò richiede capitali. È vero, vi è il Pnrr, ma tante piccole e medie aziende con prodotti di eccellenza, come ve ne sono a bizzeffe nei distretti italiani, avranno necessità di liquidità in tempi piuttosto brevi, e rappresenteranno un’ottima occasione per il private equity.
Che beneficerà l’azienda stessa, i suoi dipendenti e il sistema Paese nel suo complesso.