Matteo Musa (Fitprime): "Cresciamo grazie al canale aziende: la nostra offerta è un grande benefit per i lavoratori"

Gianni Balduzzi 01/09/2022

È stata definita anche la “Netflix del fitness”, un epiteto che, al di là dell’iperbole giornalistica, fa trasparire la novità che Fitprime rappresenta. 

In linea con i tempi, e, anzi, anticipandoli, ha compreso come siano i servizi a seguire i consumatori, e non viceversa. Da qui la sfida: ampliare l’offerta nei confronti di chi si allena con i pesi o frequenta corsi di yoga, pilates, meditazione, consentendo di utilizzare più palestre contemporaneamente e magari seguire online le lezioni degli istruttori. 

Di questo, della crescita dell’impresa, e dell’ultima intuizione, il canale business con le aziende, parliamo con Matteo Musa, Amministratore Delegato e fondatore di Fitprime, una vita nel mondo dello sport e del fitness.

Buongiorno dottor Musa, l’impressione che ho avuto è che Fitprime nasca dalla maggiore esigenza di cambiamento e diversificazione presente ultimamente tra i consumatori in tutti i campi. È così?

Sì, le nostre considerazioni iniziali sono state queste. Ma poi vi è dell’altro. Negli ultimi 2-3 anni la consapevolezza delle persone è cambiata, anche a causa del Covid. È stato compreso che il benessere e la salute non sono scontati, ma devono essere conquistati quotidianamente, e che ciò che faccio oggi per migliorarli rappresenta un investimento per il domani. 

Quindi siamo nati focalizzati sul fitness e l’allenamento, ma oggi siamo fornitori di servizi legati al benessere che hanno un fattore comune, la flessibilità

Per questo parliamo di “wellbeing made easy”, perché nella quotidianità i nostri utenti cambiano continuamente abitudini: oggi sono al lavoro, domani a casa, un altro giorno sono in smart working in un altro luogo d’Italia e magari fra tre mesi hanno cambiato lavoro anche se non era preventivato. Tutto è diventato molto più liquido

Fitprime cerca di fare in modo che le persone abbiano a disposizione soluzioni flessibili per allenarsi, avere cura del proprio benessere fisico e mentale e mangiare meglio, in modo semplice. 

È il servizio che segue il consumatore e non viceversa, quindi

Esattamente, e un altro elemento importantissimo è il ruolo delle aziende nel nostro ecosistema. 

L’impresa, dando come benefit i nostri prodotti al dipendente, gli fornisce uno strumento in più per prendersi cura del proprio benessere. L’azienda ne beneficia attraverso una forza lavoro che sta meglio, e questi servizi sono anche un modo per favorire la retention e l’attrazione del talento. 

Vi inserite quindi anche nel grande mondo,  del welfare aziendale, che è sempre più ampio,

Sì, l’85% del nostro giro d’affari viene proprio dal canale business. Seguiamo i progetti di well-being di circa 70 grandi aziende italiane

Con quali tipologie di impresa avete fatto accordi?

Mediamente le aziende con cui collaboriamo hanno 4mila addetti. Le più grandi sono Accenture, Luxottica, Eni gas e luce. Ma vi sono anche KPMG, Ernst & Young, Unilever, Boston Consulting, Tetrapak, L’Oreal, e molte altre

Puntate anche al mercato midsize e alle piccole aziende?

Abbiamo già decine di piccole e medie imprese, quasi 100, e stiamo avendo ottimi risultati. 

In generale nel mondo della consulenza raggiungiamo con le nostre soluzioni il 50% della popolazione aziendale. Un dato interessante è osservare come gli utenti cambiano la tipologia di prodotto che utilizzano all’interno del percorso con Fitprime. 

Per esempio inizialmente scelgono il prodotto palestra, ma poi lo disattivano e optano per il corso online, magari perché ha cambiato sede di lavoro, è da un nuovo cliente, e non ha tempo per andarci, in palestra, allora si allena a casa. 

Come è stato, soprattutto all’inizio, il rapporto con le palestre e le realtà del benessere con cui collaborate? Siete stati percepiti come un aiuto, un fattore di sviluppo da loro?

In principio in verità no, perché offrivamo soltanto un prodotto consumer. Il centro sportivo o la palestra capiva che potevamo essere un canale di marketing, ma a tratti anche un competitor. 

Alcune palestre pensavano che fossimo solo degli intermediari, che avrebbero potuto dirottare i clienti sulla concorrenza. 

Nel 2019, infatti, abbiamo deciso di allargarci anche al mondo B2B e nel 2021/22 di concentrarci quasi solo su questo. 

A questo punto le palestre hanno cominciato a osservare quanti clienti aggiuntivi, che non avevano mai visto fino a quel momento, arrivavano, grazie al solo canale aziende. 

Si tratta, infatti, di lavoratori che prima non le frequentavano, ma si sono attivati grazie al fatto che le imprese hanno deciso di fornire loro un abbonamento come benefit, quindi gratis o a tariffe ridottissime.

Il canale consumer invece è residuale attualmente?

Sì, con questo intercettiamo quegli utenti che hanno già deciso di andare in palestra, ma lo fanno con noi perché possiamo offrire la flessibilità che vogliono

Il canale aziende è decisamente più promettente perché per le imprese riusciamo anche, magari, a organizzare webinar, per esempio sulla salute, e ad avvicinare una fetta diversa, nuova, di clienti. 

Venendo all’attualità, temete l’aumento di inflazione che stiamo vivendo?

Dal mio punto di vista si tratta paradossalmente quasi di un'opportunità.

Perché le aziende si trovano a dover affrontare la perdita di potere di acquisto dei propri lavoratori, e arricchire la retribuzione con dei benefit è uno strumento per aiutarli senza dover ricorrere solo ad aumenti di retribuzione. 

Dare ai dipendenti un abbonamento del valore di 600 euro corrisponde ad incrementare il loro potere di acquisto di una somma equivalente. 

Del resto è quello che ci stanno dicendo anche le imprese che stanno diventando ora nostri clienti

Dal lato dei centri sportivi, invece, assisteremo purtroppo alla chiusura di tante attività. Del resto si tratta di un mondo estremamente energivoro. Pensiamo per esempio all’energia che ci vuole per riscaldare una piscina. 

Fitprime per fortuna per diverse attività è molto utile, è un canale di entrate in più. In alcuni casi arriviamo a costituire l’10-12% del fatturato. 

Sulla base della vostra esperienza come startup cosa consigliereste a chi oggi sta avviando una nuova azienda?

Uno dei problemi che abbiamo avuto all’inizio è stato il ritmo di reperimento dei capitali. Non abbiamo avuto difficoltà a trovarli, abbiamo raccolto finora 5 milioni di euro, ma lo abbiamo fatto in 4 round diversi. 

Vuol dire che abbiamo dovuto occupare parte del tempo nel dover dimostrare di valere, di essere degni degli investimenti. Questo ci ha rallentato i primi anni, al contrario di oggi, visto che stiamo vivendo un’iperbole di crescita importante. 

Un altro aspetto critico è a mio avviso lo studio e l’analisi del mercato. Noi, per esempio, siamo partiti con quello consumer, pensando che fosse il futuro e che per il B2B non ci fosse posto. 

Solo dopo, anche grazie al Covid, ci siamo resi conto che, invece, il canale delle aziende era il più promettente, e infatti da quando lo abbiamo attivato il fatturato si è quadruplicato.

Quindi la lezione è essere umili e studiare il mercato di riferimento senza preconcetti. 

Grazie mille dottor Musa

Grazie a voi


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