Il termine space economy si riferisce a tutte le attività spaziali di ricerca, esplorazione e monitoraggio che sono utili e creano valore agli esseri umani.
Fino a qualche tempo fa, l’industria spaziale era perlopiù a carattere nazionale, centralizzata e limitata a programmi statali mentre negli ultimi dieci anni c’è stato un proliferare di aziende private ad alto contenuto tecnologico che si sono affacciate alle esplorazioni spaziali producendo componenti elettroniche, meccaniche e informatiche, e creando un vero e proprio nuovo settore industriale.
La nuova space economy è diventata, infatti, accessibile per varie forme di imprenditorialità, in diversi settori e a livello globale, grazie alla forte crescita dell’utilizzo di dati di origine spaziale per fini commerciali sulla Terra.
Questa vera e propria mega-tendenza per l’industria è diventata il pilastro fondante della cosiddetta space cconomy innovation e si va ad innestare in una più vasta tendenza verso soluzioni ecologiche per garantire la sopravvivenza del nostro pianeta.
La ricerca spaziale può infatti contribuire alla transizione digitale e ecologica ma anche alla mobilità sostenibile, all’inclusione e alla salute.
La protezione del pianeta richiede, infatti, applicazioni avanzate di osservazione dallo spazio, mentre la mobilità intelligente e la guida autonoma potranno svilupparsi solo con sistemi satellitari di posizionamento e geolocalizzazione.
Una recente ricerca dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata al convegno “La Space Economy per la competitività e lo sviluppo sociale del Paese”, ha evidenziato come le tecnologie satellitari siano tra i driver rilevanti per raggiungere i 17 Sustainable Development Goals (SDGs), lo strumento adottato a livello globale per valutare la sostenibilità delle attività economiche e sociali. Nonché fattori chiave per la competitività e lo sviluppo sociale del Paese, e in grado di creare occupazione, oggetto pertanto di ingenti investimenti pubblici e privati.
Quel che si prevede, inoltre, è che i fondi previsti a livello europeo dal PNRR possano dare una grande spinta al mercato: sono pari a 2 miliardi di euro e riguardano, nella fattispecie, le linee di intervento SatCom, Osservazione della Terra, Space factory, Accesso allo Spazio, In-orbit economy e Downstream mentre nell’ultimo emendamento al PNRR Italiano sono stati stanziati 90 Milioni di euro specificatamente per le startup italiane di questi settori.
Secondo lo Startup Space report 2021 di Bryce Space and Technology, una società di consulenza analitica statunitense, le imprese ad alto tasso di innovazione che operano nel settore hanno raccolto nel 2021 complessivamente oltre 15 miliardi di dollari in finanziamenti raddoppiando il volume di investimenti registrati nel corso dell’anno precedente.
L’Europa ha un ruolo di primo piano a livello mondiale e si stima che il mercato valga oggi 371 miliardi di dollari di ricavi a livello globale, di cui il 73 per cento riconducibile alla già citata (e altamente strategica) industria satellitare che include sistemi di telecomunicazione, navigazione e osservazione della Terra ed equipaggiamenti come sensori, antenne o GPS.
Secondo le stime di Morgan Stanley Bank of America Space Foundation, l’economia dello spazio è destinata a raggiungere nel 2040 un giro d’affari di 1.000 miliardi di dollari confermando il trend di crescita del 70 per cento degli ultimi 10 anni e portando a un crollo dei costi dei lanci pari al 95 per cento, rendendo lo spazio letteralmente raggiungibile da tutti.
La crescita maggiore è attesa dalle nuove industrie legate alle applicazioni spaziali: oltre 100 miliardi di giro d’affari per un settore che, a oggi, praticamente non esiste.
Tutto questo entusiasmo deve però fare i conti con una caratteristica intrinseca di questo tipo di industria, dove accanto alle prospettive e opportunità permangono forti criticità sulla fattibilità tecnica, e incerte prospettive temporali. Parola di un gruppo bancario e finanziario prestigioso come Citigroup che, nel documento Space-The Dawn of a New Age, ha cercato di mettere ordine in un settore che sta riscuotendo sempre più interesse da parte degli investitori.
All’interno di una più ampia strategia europea per rafforzare il ruolo dell’Ue nella space economy, la Commissione europea ha dato il via lo scorso gennaio al fondo Cassini per lo spazio (da circa 1 miliardo di euro), destinato a sostenere la crescita delle aziende emergenti impegnate nella space economy, le quali hanno spesso idee e tecnologie rivoluzionarie ma non riescono ad ottenere investimenti di capitale significativi in Ue quando hanno bisogno di espandersi, e sono quindi trovate spesso nella condizione di rivolgersi a investitori non-Ue.
Il 2021 è stato un anno importante per la space economy italiana. Se guardiamo gli investimenti nel settore dello spazio dei singoli Paesi in relazione al Pil, l’Italia si colloca al sesto posto al mondo, dopo Russia, Usa, Francia, India e Germania e al terzo in Europa, alle spalle solo di Francia e Germania.
Con 589,9 milioni di euro, infatti, il nostro Paese è il terzo contribuente all’ESA, l’agenzia spaziale europea, ma basta guardare i numeri dei nostri colleghi (Francia con 1065,8 milioni e Germania con 968,6) per capire che la strada è ancora lunga.
Dalla nostra giocano, però, un tessuto industriale snello e reattivo e realtà imprenditoriali di livello mondiale in grado di beneficiare della nuova ondata di fondi comunitari.
Un caso clamoroso è, per esempio, quello di D-Orbit, che ha firmato con l’Esa un contratto da quasi 2 milioni di euro finanziato dal Boost - Commercial Space Transportation Services and Support to Member States, il programma dell’Agenzia che mira a promuovere iniziative di trasporto spaziale commerciale.
La cifra, che corrisponde all’80 per cento del budget totale previsto, consentirà a D-Orbit di sviluppare un sistema di produzione improntato ai principi di lean manufacturing e di test, il quale consentirà di aumentare le prestazioni e la reattività del proprio veicolo di trasferimento orbitale Ion Satellite Carrier riducendone, allo stesso tempo, i costi.
Non è la prima volta che D-Orbit è coinvolta all’interno di Boost: già nel 2021 l’azienda lombarda aveva firmato un accordo per il coordinamento della logistica e per la standardizzazione dei processi tra i diversi porti spaziali europei, con l’obiettivo di arrivare a un quadro unificato simile a quello dell’industria aeronautica.