Le aziende che utilizzano catene di approvvigionamento ad alto contenuto tecnologico sono quelle che riescono a ottenere un maggior vantaggio competitivo sul mercato. Soprattutto quando la loro resilienza viene messa alla prova da crisi o da interruzioni non previste.
L’innovazione tecnologica, a sua volta, accresce l'efficienza operativa, e agevola il perseguimento della sostenibilità ambientale. Tutti questi fattori, messi insieme, migliorano lo stato di salute generale della catena di approvvigionamento.
Com’è fatta, quindi, una top class supply chain? In termini di organizzazione dei processi è quella che riesce a dare prova di agilità, è utilizzata da organizzazioni trasparenti, è flessibile, guarda costantemente ai modelli di filiera più performanti e utilizza tecnologie digitali all’avanguardia. In effetti, strumenti hi-tech come l'intelligenza artificiale e l'IoT aiutano nell'automazione dei processi di produzione e, in ultima analisi, fanno risparmiare tempo e denaro nel processo.
E poi è arrivata lei, la Blockchain (letteralmente "catena di blocchi”) che, dopo aver rivoluzionato l'uso del sistema di valuta digitale, ora viene utilizzata in molti Paesi nel mondo anche con finalità non meramente finanziarie.
In riferimento alla sua presenza nel comparto manifatturiero, secondo il rapporto Blockchain in Manufacturing Global Market Report 2022 pubblicato da Reportlinker.com, il volume d’affari globale di questa tecnologia nel mercato manifatturiero aumenterà da 49,50 milioni di dollari nel 2021 a 85,64 milioni di dollari entro la fine di quest’anno. Utilizzando come parametro la crescita attuale anno su anno che si registra oggi, la proiezione al 2026 prevede una dimensione economica complessiva che si avvicina agli 800 milioni di dollari.
Blockchain è già oggi usata in vari settori-chiave del mondo manifatturiero e quella dell'Asia-Pacifico è attualmente la regione in cui il mercato nel 2021 è stato più ricco.
Il problema storico delle filiere “vecchio stile” è sempre stato quello di non consentire ai clienti di conoscere il vero valore dei prodotti. Così come non sono in grado di fornire alcuna prova di autenticità dell'approvvigionamento. Diventa, pertanto, difficile tenere traccia delle varie catene che si avvantaggiano di pratiche illegali e non etiche.
Se, dunque, molte supply chain stanno scegliendo la via della blockchain è anche per far fronte a questo importante limite.
La “catena di blocchi” aiuta, infatti, a rintracciare le fonti di ogni materia prima, registrare dettagli che non possono essere modificati senza che tutti i suoi anelli ne vengano a conoscenza, assegnare o verificare le proprietà di ogni elemento legato al prodotto.
In più, fornisce maggiore scalabilità alla catena del valore tradizionale: chiunque da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento può accedere a tutte le informazioni utili per migliorare i processi che, in termini allargati, determinano la produzione di un bene.
Più in dettaglio, con questa prospettiva, si può pensare alle singole operazioni che costituiscono una catena di approvvigionamento dimenticandosi del quadro di insieme.
Ogni task, infatti, normalmente utilizza una sorta di database per archiviare i propri dati di produzione e attore della filiera ha il proprio sistema (generalmente un sistema ERP) supportato da un database.
Nel caso di un sistema basato su blockchain c'è un livello aggiuntivo che è condiviso da tutti e qualsiasi transazione che va sulla catena di blocchi deve essere concordata da tutti i partecipanti utilizzando un algoritmo di consenso.
In una normale applicazione software la logica dell'applicazione, quindi, si trova su un server. Oggi, invece, si può ipotizzare la possibilità di aggiungere un elemento alla blockchain per partecipare alla produzione di un bene previa accettazione di un "contratto intelligente". In questo senso blockchain si traduce nella creazione di una piattaforma di servizio per gli ecosistemi che fanno parte della filiera.