Cos’è il rendanheyi e come funziona

Redazione BacktoWork 30/03/2021

Ci sono modelli d’impresa che possono essere presi come esempio per cambiare la struttura d'impresa rigida e un po’ vecchia come quella italiana, dove non c’è una burocrazia nemica solo fuori - quella della pubblica amministrazione - ma ce n’è una fortissima anche dentro le aziende.

Ciò che raramente viene in mente ai consulenti e ai loro clienti, intrappolati nei dogmi della burocrazia, è che si potrebbe trasformare l’intera azienda in una piattaforma imprenditoriale.

Gli ingredienti del modello

Il termine cinese utilizzato per indicare questa strategia è rendanheyi, una combinazione di caratteri che riassume la forte associazione tra il valore creato per i clienti e quello ricevuto dai dipendenti. 

Così questo modello si presenta come profondamente innovativo e in netta rottura con il sistema burocratico sotto molteplici aspetti. 

Il motivo del suo straordinario successo risiede nella radicale revisione del suo modello di management, precedentemente tradizionale, ora incentrato su tre obiettivi cardine:

  1.       Trasformare ogni dipendente in un imprenditore.
  2.       Ridurre a zero la distanza tra dipendenti e utenti.
  3.       Fare dell’azienda il nodo energetico di un ecosistema web-centrico in costante espansione.

Un esempio

Nel libro Humanocracy di Gary Hamel e Michele Zanini (Ayros Editore) è citata un’azienda che racconta proprio questo modello, ed è descritta come uno dei casi da monitorare per come ha rivoluzionato la sua organizzazione.

Haier, conosciuta in Italia perché ha acquisito l’azienda di frigoriferi e lavatrici Candy, è nota all’estero proprio per le sue modalità di organizzazione aziendale, molto diverse da quelle normali.

Basata a Qingdao, in Cina, tra i colossi nel settore degli elettrodomestici, con circa 84 mila dipendenti e un fatturato in crescita del 20% all’anno, ma non è una delle stelle cinesi della new-economy

Trent’anni fa era un’annaspante impresa di proprietà collettiva. Oggi è un case study per ciò che riguarda i modelli organizzativi in termini di produttività, efficienza, innovazione e soprattutto responsabilizzazione e autonomia di chi vi lavora. 

È quindi uno dei casi di trasformazione da un modello burocratico verso una umanocrazia, termine usato da Hamel e Zanini nel loro libro.

Microimprese connesse

A differenza delle grandi aziende tradizionali, costituite da pochi business dominanti, con le proprie strategie, clienti e tecnologie, questi modelli sono suddivisi in più microenterprise (ME), ciascuna con 10-15 dipendenti. 

Ci sono le microimprese di:

  • trasformazione”, orientate al business tradizionale  
  • quelle di “incubazione”, ovvero startup locali e semi-autonome  
  • e infine le ME “nodali”, che vendono componenti e servizi alle altre ME rivolte al mercato, gestiscono le vendite e il marketing. 

Questa struttura “molecolare” e modulare simula perfettamente l’architettura di internet, dove l’eccezionale diversificazione è tenuta insieme da standard comuni che rendono il web navigabile e i comparti comunicanti tra loro. 

Le ME sono libere di formarsi ed evolversi senza una stretta direzione centrale, ma condividono un approccio comune nella definizione degli obiettivi, nella contrattazione interna e nel coordinamento tra le unità.

Ogni microimpresa persegue ambiziosi obiettivi di crescita chiamati “obiettivi guida”. Anziché adagiarsi sulle performance raggiunte l’anno precedente, un’apposita unità raccoglie i dati del mercato a livello globale e assegna a ogni ME i propri obiettivi di crescita. 

Ecosistema Startup

Vi è inoltre un’importante componente volta alla trasformazione. Ogni ME rivolta al mercato è tesa a diventare un “business di ecosistema”, attraverso una personalizzazione di massa dei prodotti. 

L’obiettivo ultimo è costruire una piattaforma che connetta gli utenti con fornitori terzi di servizi, ovvero un business a capitale leggero dove i costi variabili sono prossimi a zero. 

Se solitamente le vecchie abitudini vengono messe in dubbio solo quando il business ristagna, qui il cambiamento è reattivo: come in una startup, tutti sanno che fare sempre le stesse cose non è sufficiente.

Allo stesso modo, non ci sono aree funzionali rigidamente suddivise e monopoli interni. Ogni ME è libera di stipulare o meno accordi con altre ME, in base alle proprie esigenze e ai propri obiettivi. 

Quando emerge una necessità o una nuova proposta imprenditoriale, una ME riceve decine di proposte dalle altre microimprese o da enti esterni, e poi valuta quale sia l’opzione migliore. 

Prima ancora di richiedere finanziamenti dai “piani alti”, le ME valutano la possibilità che convenga cercare investimenti all’esterno, e in quel caso “bypassano” gli step, solitamente obbligati, attraverso il top management (che rimane pur sempre consultato).

Un mondo nuovo, dove tutti, dentro l’azienda, sono imprenditori.

 


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