Già nel secondo trimestre del 2020, quello più tragico dal punto di vista dell’emergenza legata alla pandemia i Covid, le startup si erano rivelate più resilienti del previsto. Erano cresciute più di quanto avessero fatto le altre società di capitali.
Nel terzo trimestre è arrivata una conferma, sono aumentate rispetto a quello precedente del 4,98%, passando da 11.496 a 12.068, anzi con una accelerazione rispetto al tasso di crescita del 2,59% visto nel secondo trimestre.
In confronto le nuove di società di capitali paragonabili (quelle con meno di 5 anni di tempo e di 5 milioni di fatturato) sono cresciute secondo il Ministero dello Sviluppo solo dell’1,25%.
C’è però qualcosa di ancora più positivo delle performance quantitative in questo mondo. Si tratta del rafforzamento qualitativo: le startup stanno soprattutto diventando più solide.
I dati sul capitale sociale appaiono ancora più chiari. Tra fine giugno e fine settembre è aumentato nelle startup del 5,11%. Crescendo più del numero stesse di nuove aziende. Vuol dire che mediamente le startup sono più capitalizzate. È un trend che segue quello delle altre società di capitali in cui il capitale sociale è risultato salire del 14,71% nello stesso periodo.
In un periodo di crisi è senz’altro positivo che le aziende siano più robuste a livello di capitalizzazione.
Un altro elemento confortante è il fatto che tra secondo e terzo trimestre di quest’anno aumenta il numero di startup innovative con soci, da 11.357 a 11.937, con una crescita anche qui del 5,11%, maggiore di quella meramente numerica delle aziende. Vuol dire che è maggiore la quota, già del resto altissima, di startup che si basa sulla collaborazione, solo finanziaria o come spesso in questi casi accade anche operativa, di più soggetti.
Al contrario non crescono allo stesso ritmo i dipendenti e il numero di aziende che ne hanno. Il confronto in questo caso è necessariamente con lo stesso periodo del 2019. In un anno vi è ben il 13,7% in più di startup, mentre i collaboratori aumentano “solo” di poco più del 10%. Va tuttavia notato che invece nelle nuove società di capitali al contrario sono calati, e non di poco, di circa 135 mila unità.
Sicuramente il dato più positivo tra le statistiche dell’ultimo trimestre è quello che riguarda i bilanci delle startup. Il valore della produzione medio è arrivato a quota 201.449,5 euro, un dato che in assoluto può apparire forse modesto, ma come per altre grandezze conviene di più guardare al trend. Che è di tutto rispetto. Vi è un incremento del 23,9% rispetto ai 162.647,02 dei tre mesi precedenti. Ma il dato estivo è anche migliore di quello dell’anno scorso, 187.261,81 euro.
Anche qui la performance delle startup ha superato in modo deciso quella delle nuove società di capitali, tra cui il valore medio della produzione nel terzo trimestre è aumentato del 13,46% su quello prima.
Nelle startup è ancora maggiore il progresso del valore di produzione mediano, ovvero quello che segna il confine tra il 50% più con il valore più alto e il 50% con quello più basso, che passa da 32.380 euro a 42.204. Questo profluvio di numeri, e in particolare questi ultimi, alla fine dicono la stessa cosa, che seppure rimaniamo nell’ordine delle piccole cifre vi è una accelerazione negli incrementi dimensionali.
Vuol dire o che le startup esistenti si sono ingrandite più velocemente di prima e più velocemente delle aziende già presenti oppure che quelle nuove appena nate sono già in partenza più robuste, più capitalizzate, con più entrate di quelle che le hanno precedute. In entrambi i casi si tratta di una buona notizia, e può essere che siano presenti tutti e due i fenomeni.
È chiaro, la grande differenza tra media e mediana indica che vi è una sorta di “elite” tra le startup che ha ricavi molto più alti delle altre, tali da trascinare la media in alto, a fronte, di una grande maggioranza di micro imprese. Tuttavia man mano che il tempo passa questo divario diviene meno estremo, la disuguaglianza diminuisce, come si vede dalla crescita del valore mediano molto più sostenuto di quello medio. È un ulteriore segno di maturità dell’ecosistema delle startup innovative italiane.
Naturalmente lo scopo finale di ogni azienda è generare utili. E per le aziende appena nate è arduo. Non è un caso se solo meno di metà delle startup l’ha raggiunto fino ad oggi. Nel terzo trimestre del 2020 anzi il 52,6% di esse era in rosso, un po’ di più rispetto al 51,8% del precedente.
Tuttavia in un periodo di crisi può essere comprensibile. Possiamo affermare che sono state messe le basi perché una volta passata la tempesta possa essere più semplice raggiungere il break even point, una maggiore capitalizzazione e quindi solidità delle startup, e soprattutto un rafforzamento delle aziende più piccole come quello che abbiamo visto. In questa fase non sarebbe stato molto utile avere una filosofia del tipo “pochi ma buoni”, con una selezione solo delle aziende in utile, delle migliori, di quelle divenute già produttive.
Verrà quel momento, ma dopo, ora è quello della crescita, qualitativa e quantitativa, nonostante tutto.