La crisi provocata dalla pandemia non ha colpito tutti allo stesso modo. Profonde disuguaglianze hanno caratterizzato l’impatto sul Pil dei Paesi, sulle diverse tipologie di lavoratori, sia in Italia che altrove, e anche sui differenti settori dell’economia.
E in base a quanto emerge dai report degli analisti anche la ripresa sarà interessata da divari marcati tra le performance delle imprese di un comparto e quelle di un altro.
Nulla di nuovo, si potrebbe pensare. Del resto è sempre stato così, anche nelle precedenti crisi, come quella seguita al fallimento di Lehman Brothers, per esempio. Le recessioni non sono egualitarie. E quest’ultima lo è stata ancora meno, per sue caratteristiche intrinseche, come il blocco totale che ha colpito interi rami dell’economia mentre ne ha risparmiati altri.
E, soprattutto, sono diversi, rispetto ad altre occasioni, i settori che questa volta hanno resistito meglio e che da tale resistenza traggono linfa per una crescita più sostenuta in futuro
In base ai recenti dati di Cerved è stato il comparto Chemical, Medical & Pharma che se l’è cavata meglio nel 2020. Anzi, guardando i numeri, in modo egregio. Nell’anno più duro, quando il Pil italiano è crollato dell’8,9%, il fatturato del settore ha segnato un aumento del 4,1%. Anche superiore a quello, già molto positivo, degli anni precedenti.
Nel 2019 l’incremento era stato del 3,7%, nel 2018 del 4,6%, nel 2017 del 4,8%. E se già due anni fa il trend dei ricavi di queste aziende si era staccato da quello nazionale, nel 2020 il divario è diventato evidentissimo, perché mediamente, invece, i fatturati delle imprese italiane hanno subito un tracollo dell’11,3%.
Naturalmente su questi numeri ha inciso il fatto che con la pandemia è cresciuta la domanda di prodotti collegati al mondo sanitario, di medicinali, di dispositivi medicali. Tuttavia già prima del Covid il settore aveva cominciato a rivelarsi un traino per l’economia italiana.
E non è un caso che si riveli tra i più produttivi. Ne fanno parte, infatti, solo lo 0,9% delle imprese italiane, che però assumono il 2% dei lavoratori dipendenti, ovvero 332 mila, e soprattutto generano un fatturato di 108 miliardi, il 3,5% del totale. Dal punto di vista economico il loro peso, insomma, è superiore a quello dimensionale.
E le fortune di questo comparto continueranno anche nell’immediato futuro. Sempre secondo Cerved quest’anno i ricavi dovrebbero salire dell’8,4%, più della media nazionale del 6%, e nel 2022 del 7%, sempre over performando gli altri settori.
Ad essersela cavata meglio di altri nel 2020 sono stati anche l’alimentare e la tecnologia, lo sappiamo. E tuttavia hanno avuto performance inferiori a quelle del settore sanitario e chimico farmaceutico.
L’alimentare, che in Italia vale 115 miliardi e occupa 443 mila persone, l’anno scorso ha visto una crescita dell’1% del fatturato, che è stata in realtà positiva rispetto alla stagnazione del 2019 e quella prevista per il 2021 e il 2022. Si tratta, tuttavia, di numeri piccoli e necessariamente poco mossi, tipici di un ambito maturo.
Meglio andrà, soprattutto in futuro, all’IT, che vale oggi 83 miliardi, si metterà alle spalle il calo dei ricavi dello 0,5% del 2020, e nel 2021 vedrà una crescita del 5,8%, mentre nel 2022 sarà il settore con i numeri migliori, visto che il suo fatturato dovrebbe salire del 9,8%.
È facile immaginare come un grosso contributo verrà dato dagli investimenti legati al piano europeo Next Generation Eu, che sulla digitalizzazione punta molto.
C’è un altro settore che quest’anno e il prossimo avrà performance analoghe, se non migliori di quelle dell’IT, ed è quello dell’abbigliamento. Negli anni precedenti al Covid non si era distaccato molto dall’andamento del resto dell’economia, facendo anzi anche peggio in alcune occasioni, come nel 2017. Invece nel 2021 i suoi ricavi, per Cerved, dovrebbero crescere di ben il 10,2% sull’anno precedente e del 9,8% nel 2022, mettendo a segno, quindi, risultati migliori di quelli di tutti gli altri.
Vi è, però, un motivo. Questo settore è tra quelli che ha più sofferto le chiusure del 2020, quanto il crollo è stato fortissimo, del 19,9%, superiore a quello medio, dell’11,3%, già del resto molto pronunciato.
Qui i motivi del rimbalzo, che però non potrà evitare che il livello del fatturato anche tra due anni rimanga di ben 7 punti inferiore a quello del 2019.
Mentre altri comparti tipici del Made in Italy come Mobili & Arredi e la componentistica elettromeccanica non si distaccano molto dalla media nazionale, con il livello dei ricavi del 2019 che nel 2022 non sarà ancora completamente recuperato, il settore dei materiali di costruzione vede la luce.
In crisi da moltissimo tempo, con un andamento del fatturato spesso peggiore di quello degli altri comparti, questo dopo avere perso il 9% nel 2020 nel 2021 crescerà del 6% e nel 2022 del 5,1%, meglio della media del 4,1%. Rispetto al periodo pre-Covid i suoi ricavi saranno dell’1,4% più alti, cosa che lo pongono in una posizione migliore di quella delle aziende italiane nel loro complesso, che, invece, saranno ancora a un livello inferiore di quello del 2019 del 2%.
Anche in questo caso vi è l’influenza dei fondi europei e degli investimenti che stimoleranno, la maggioranza dei quali sarà indirizzata proprio all’edilizia. Basti pensare agli incentivi per la transizione climatica e a quello che questo comporta in termini di ristrutturazioni ed edilizia.
Tutto considerato, però, a fare la parte del leone e a rappresentare il futuro dell’economia italiana sono loro, l’IT e il settore Chemical, Medical & Pharma. Sono questi che l’anno prossimo avranno messo a segno un incremento del fatturato, rispetto al 2019, di ben il 15,5% e il 22% rispettivamente.
E il secondo, in particolare, sembra offrire un futuro anche alle aziende più piccole. Ogni anno Cerved raccoglie quelle che hanno avuto la migliore crescita negli anni passati (in questo caso il periodo 2014-2019), e nel comparto medicale e chimico-farmaceutico ben 7 delle prime 10 hanno meno di 100 addetti, mentre nell’IT sono solo 2.
In un certo senso vuol dire che anche il tessuto produttivo italiano è capace di reinventarsi, e un nuovo Made in Italy sta nascendo, fatto non solo di vini e scarpe, ma anche di medicinali, di agro-farmaci, di dispositivi medici. In quest’ultimo segmento, per esempio, sono presenti anche 156 start-up e 79 PMI innovative, che operano nell'ambito delle biotecnologie, della stampa 3D, della robotica, dei materiali avanzati, della fotonica e delle nanotecnologie. E di cui probabilmente sentiremo parlare.