B4Chem, Francardi: “La nostra tecnologia riduce le distanze tra ricerca e produzione nella chimica”

Redazione BacktoWork 19/04/2021

La startup B4Chem propone una soluzione innovativa che permette di ottimizzare il trasferimento tecnologico nei settori legati alla chimica, garantendo notevoli vantaggi in termini di costi, risorse e tempo. Con il founder, Marco Francardi, abbiamo parlato delle possibili applicazioni e dei progetti di sviluppo.

Cosa propone la vostra startup e com’è nata l’idea?

Dopo anni di esperienza come ricercatore, ho iniziato a lavorare per un’azienda e ho potuto constatare quanto il mondo produttivo fosse diverso e lontano rispetto al mondo della ricerca pura da cui provenivo. Mi sono reso conto di quanto fosse difficile sviluppare i risultati della ricerca, quando hanno variabilità troppo elevate e scarse riproducibilità. Da qui è nata l’idea di una soluzione innovativa che consentisse di standardizzare il processo chimico in maniera tale da accelerare quello che viene chiamato technology transfer, ovvero l’uscita da un laboratorio di ricerca e l’ingresso in produzione. Il lavoro nello sviluppo della nostra tecnologia parte da questa esigenza. Siamo una realtà che punta ad un forte investimento sulla ricerca con la ferma convinzione che questa debba avere un impatto significativo sulla qualità della vita delle persone nel breve termine: ciò che esce dal laboratorio deve entrare rapidamente negli asset produttivi e dare un reale impulso al cambiamento

Qual è stato il percorso che ha portato alla nascita della vostra startup?

C’era l’opportunità di un bando di finanziamento pubblico per l’avvio di micro imprese e startup innovative e abbiamo deciso di partecipare. Abbiamo avviato i primi modelli, redatto i primi business plan. Passata la prima selezione del bando, parallelamente al progredire degli studi, abbiamo affinato la nostra idea di business e la tecnologia. E attraverso il Master in Business Administration presso la Bologna Business School ho potuto acquisire delle competenze che si sono rivelate fondamentali in questo percorso. Inoltre abbiamo sfruttato i nostri network interni per interfacciarci con i potenziali clienti e questa cosa ci ha aiutato a migliorare il prodotto. Questo è stato possibile anche grazie a Manuela Oliverio, co-fondatrice di B4Chem e Prof.ssa Associata di Chimica Organica presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro.

Prendendoci un sano – e necessario – rischio di impresa, abbiamo avviato l’attività nel novembre del 2019, e a luglio 2020 abbiamo ottenuto il finanziamento. A febbraio di quest’anno abbiamo avviato le attività di sviluppo.

B4Chem

sistemi innovativi per la chimica basati sull’automazione, il controllo e il data management

Come funziona il device OnePot e quali sono i vantaggi per un’impresa che si affida alla vostra tecnologia?

Lavorare con un reattore in-batch significa fare chimica su un ampio volume di reagenti. Facendo una metafora con la preparazione della pasta, è logico che fare la pasta per una persona o per cento è diverso: maggiore è il volume del contenitore, differente è il modo in cui il volume raggiunge la temperatura desiderata. 

Con questo scopo è stato realizzato il primo prototipo di OnePot, un reattore chimico completamente automatizzato, in grado di offrire un ambiente di processo controllato nel quale miscelare reagenti solidi, liquidi e gassosi e capace di restituire gli stessi risultati indipendentemente dal “Chi”, dal “Quanto”, dal “Quando” e dal “Dove”. 

Oggi in chimica, anche nei processi classici, vengono utilizzati reattori a doppio fondo, definiti incamiciati e dalle superfici viene gestito il rilascio di temperatura. Il loro output è fortemente legato ai volumi processati. La conseguenza è un impatto sui costi della messa in produzione, che saranno altissimi e legati allo scale-up del processo sui volumi industriali. La nostra idea è: invece che lavorare dall’esterno, dalle superfici, lavoriamo all’interno andando a controllare localmente l’evoluzione del processo chimico. Il concetto di localmente è molto importante perché deve rimanere sempre lo stesso indipendentemente dal volume, che sia un litro o cento. Il nostro reattore OnePot si basa su una tecnologia rivoluzionaria, che abbiamo chiamato “Matrix in-batch”, che consente di contrarre dell’80% i tempi per portare un processo chimico dal laboratorio alla produzione. Inoltre, basandoci sui principi dell’Industria 4.0, potremo interconnettere molti reattori, sia per aumentare la flessibilità produttiva, consentendo un rapido adeguamento alla variabilità della domanda, sia per consentire economie circolari: è possibile pensare di usare un reattore per un processo A e, una volta terminato, per il processo B, senza essere vincolati ad un impianto di produzione diverso per ogni prodotto.

Questo avrà un impatto non solo sulla contabilità dell’azienda, più snella, ma anche sulla vita delle persone, riducendo i costi e i tempi per il lancio sul mercato di nuovi prodotti. 

A chi vi rivolgete?

Collaboriamo con aziende già consolidate e strutturate che puntano sulla ricerca e sviluppo e vorremmo interfacciarci con chi deve innovare, con le startup e con le aziende che hanno l’obiettivo di essere sempre più veloci nell’adattarsi alle variabili della domanda, che rappresentano un problema per tutte le produzioni. 

Quali sono gli obiettivi della campagna di crowdfunding in corso?

Sono due gli obiettivi primari. Il primo legato all’industrializzazione del prodotto. Oggi stiamo continuando a sviluppare il prototipo, per trasformarlo nel più breve tempo possibile in prodotto finito. Gli investimenti servono per la creazione di un sito produttivo e per l’assunzione di figure professionali in grado di gestire una produzione con filosofie moderne, just in time. Vorremmo tenere internamente la produzione delle componenti meccaniche e lo sviluppo dei software, ed esternalizzare soltanto la produzione delle schede elettroniche. Diciamo che l’investimento serve innanzitutto per poter fare il passaggio da azienda attualmente incubata, la cui attività principale è l’R&D, ad azienda con propria sede operativa pronta per la produzione.

E il secondo obiettivo?

Riguarda il marketing: avendo a che fare con un settore fortemente influenzato dalla brand identity vorremmo raggiungere un certo posizionamento di mercato. È nostra intenzione assumere una figura professionale che sia responsabile del marketing e che collabori in outsourcing con realtà che gestiscono l’aspetto comunicativo, per definire e implementare una strategia allineata con la nostra filosofia di business.

Come ha inciso il Covid sul vostro modo di lavorare?

Il nostro modo di lavorare non è cambiato radicalmente. Durante il primo lockdown abbiamo lavorato molto alla progettazione, grazie anche alle stampe 3D. Ci siamo concentrati sulla supply chain, valutando l’impatto sui fornitori. Ci definiamo europeisti e la nostra azienda è fortemente europea, abbiamo stretto accordi con fornitori e partner con sedi e magazzini in Europa, strategia che ci ha permesso di non subire forti ritardi nella consegna delle forniture. 

Quali sono i vostri obiettivi nel medio e lungo termine?

Il nostro reattore è stand-alone, include tutte le attività e non è immobilizzato nel sito di produzione. Abbiamo visto - nel caso dei vaccini - le difficoltà dei trasporti: con OnePot si può creare un prodotto in qualunque area geografica consentendo un’alta velocità di spostamento della produzione. Vorremmo essere in grado di dare la possibilità alle aziende di creare quello che serve, quando serve e dove serve. A partire da partnership già consolidate, la visione nel lungo termine è di creare una rete di relazioni con le major del farmaco e offrire una soluzione che possa abbattere le barriere geografiche e aiutare la diffusione dei medicinali anche in aree del mondo più svantaggiate.


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